Rivolta degli agricoltori britannici: accordi commerciali sleali ed etichette alimentari ingannevoli minano l’agricoltura locale
- Le strade di Londra risuonavano delle voci degli agricoltori britannici, che esprimevano le loro profonde preoccupazioni sugli accordi di libero scambio e sulle etichette alimentari ingannevoli. Sostengono che questi accordi, siglati dai governi conservatori dopo la Brexit con nazioni come Australia, Canada, Giappone, Messico e Nuova Zelanda, sono un duro colpo per l’agricoltura locale.
Gli agricoltori evidenziano un netto contrasto negli standard tra loro e i loro concorrenti internazionali. Ci si aspetta che aderiscano a norme più severe in materia di lavoro, ambiente e salute che inavvertitamente consentono alle merci straniere di abbassare i prezzi dei prodotti locali. La questione è ulteriormente amplificata dal momento che gli agricoltori europei ottengono l’accesso ai mercati del Regno Unito grazie a generosi sussidi governativi e all’utilizzo di manodopera migrante a basso costo.
Ad aggiungere al danno la beffa c’è una politica che consente al cibo straniero riconfezionato nel Regno Unito di esporre la bandiera britannica. Questa tattica confonde le acque degli agricoltori locali che cercano di distinguere i loro prodotti dalla concorrenza estera.
Liz Webster, fondatrice di Save British Farming, ha espresso la sua frustrazione per la protesta affermando che gli agricoltori britannici sono “completamente svantaggiati”. Ha accusato il governo di rinnegare la promessa del 2019 di un accordo vantaggioso con l’UE per l’agricoltura britannica.